I PIONIERI

La fase protoindustriale

La prima fase dell’industrializzazione di Legnano, avente carattere precapitalistico e per tale motivo definita “protoindustrializzazione“, è avvenuta in un periodo compreso tra il 1820 e il 1880. Ciò che ebbe un peso determinante nella genesi di questo processo furono la tradizione di artigianato e di manifattura domestica che erano presenti nel tessuto produttivo legnanese già da diversi secoli; come già accennato, tali attività erano praticate per integrare il lavoro nei campi.

Artigiani lombardi al telaio. (da una vecchia stampa)

Il primo opificio di Legnano di cui si abbia traccia documentata è una manifattura finalizzata alla produzione di lana risalente al XII secolo all’interno di uno dei conventi degli Umiliati presenti in città, ovvero il monastero femminile di Santa Caterina, che sorgeva tra il fiume Olona e la moderna via Diaz, oppure il convento maschile degli Umiliati, che si trovava sull’area ora occupata dalla Galleria INA (le fonti non sono chiare a tal proposito).

Monaci Umiliati al lavoro (da un’antica miniatura)
Fonte: Wikipedia (autore sconosciuto)

La fase protoindustriale di Legnano ebbe la sua genesi tra le conseguenze dell’eliminazione del Blocco Continentale, ovvero dal venire meno del divieto decretato da Napoleone Bonaparte il 21 novembre 1806 di consentire l’attracco in qualunque porto delle nazioni soggette al dominio francese alle navi battenti bandiera britannica.

Legnano all’inizio dell’industrializzione 

Con la caduta dell’impero napoleonico, che avvenne nel secondo decennio del XIX secolo, e la conseguente ripresa dei commerci con le isole britanniche, luogo dove avvenne la prima rivoluzione industriale della storia, molte zone, tra cui l’Alto Milanese, iniziarono a essere oggetto di investimenti stranieri, che portarono all’apertura di numerose attività; cominciò anche un processo di trasformazione delle attività artigianali originarie del luogo in protoindustrie. In seguito queste prime attività protoindistriali aumentarono gradualmente le proprie dimensioni, aprendo altri stabilimenti e assumendo nuova manodopera.

Altri motivi che portarono la nascita dell’industria a Legnano furono le vie di comunicazione. Già da qualche decennio era stata costruita, come già accennato, la via del Sempione, che iniziò a essere percorsa dal servizio postale e da una linea di diligenze a cavalli che mise Legnano in collegamento con il nord Europa.

Strada statale del Sempione.
fonte: Wikipedia

Per quanto riguarda invece le altre aree dell’Alto Milanese, la nascita delle industrie fu precedente rispetto alla protoindustrializzazione di Legnano: a Busto Arsizio, GallarateLonate Pozzolo, Samarate, Ner- viano  e Olgiate Olona le prime attività industriali nacquero nella seconda metà del XVIII secolo. Verso la fine del XVIII secolo Legnano conobbe un fenomeno opposto: la graduale scomparsa dei mercati della seta. Il numero dei setifici a Legnano fu oggetto di un forte calo nel secolo successivo: questo ridimensionamento venne causato anche dalla grande diffusione dei cotonifici

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Il bozzolo ldel baco da seta con la farfalla.
fonte: immagini Google

Il primo tipo di protoindustrie a nascere nell’Alto Milanese fu quello del settore tessile: all’inizio della loro attività cominciarono a produrre tessuti che erano imitazione di analoghi prodotti realizzati in Francia e Inghilterra, nonché a realizzare industrialmente le stoffe che erano storicamente realizzate dalle attività artigianali della zona, vale a dire fustagni e la bombasina, che è un tipo di tessuto grezzo inventato a Busto Arsizio nel Medioevo adibito alla fabbricazione di lenzuola, asciugamani e grembiuli per la cucina. Per migliorare la produzione e la tecnologia utilizzata, nonché per abbassare i costi industriali, le primigenie industrie dell’Alto Milanese iniziarono ad assumere tecnici tedeschi e svizzeri.

Nel 1807, su un documento inviato dal comune al governo napoleonico era segnalato che a Legnano esistessero molte filature artigianali, sia di seta che di cotone. L’Alto Milanese, infatti, rispetto ad altre aree d’Italia che sarebbero poi diventate degli importanti distretti industriali, fu tra le prime zone della penisola italiana a conoscere la fase protoindustriale. In altri termini, nel triangolo industriale formato da Legnano, Busto Arsizio e Gallarate, i semi dell’industrializza-zione iniziarono a germinare poco prima della caduta di Napoleone, fermo restando che queste attività fossero ancora di tipo artigianale, seppur appartenenti a uno stadio evolutivo avanzato.

L’attività principale su cui si basava l’economia di Legnano e dell’Alto Milanese, perlomeno per i primi decenni del XIX secolo, era ancora l’agricoltura, che era praticata con una tecnologia e con strumenti ancora arretrati. L’inversione di tendenza si ebbe a metà del XIX secolo: dalla preminenza dell’agricoltura si passò, per quanto riguarda l’attività economica dominante, all’industria.

Famiglia di contadini in una cascina (Canazza)

Le prime attività protoindustriali

Viene fondata la filatura Martin. Fu la prima filatura aperta a Legnano

La filatura Martin in una immagine del 1881
fonte Wikipedia: Storia di Legnano Nel XIX sec

Enrico e Giovanni Schoc e Francesco Dapples avviano un’altra filatura nei pressi del mulino Cornaggia, che si trova poco più a valle del castello visconteo. L’azienda fu chiamata “Filatura di cotone a macchine idrauliche” e aveva impiegati sette lavoratori.

Il mulino Pomponio o Prata, acquistato nel 1828 da Costanzo Cantoni.
fonte Wikipedia: Cotonificio Cantoni

Enrico Borgomanero e Costanzo Cantoni acquistano vari mulini e li adattano a filature: mulino Isacco, mulino Melzi, mulino Cornaggia. E’ il nucleo della futuro “Cotonificio Cantoni”

Carlo Martin avvia una tintoria che produce rinomati tessuti in rosso.

Andrea ed Eraldo Krumm avviano due filature.

Luigi Krumm fonda insieme ad Eugenio Cantoni la società “Officina Cantoni-Krumm & C”

La Cantoni &Krumm nel 1880
Fonte Wikipedia: Luigi Krumm

Le prime attività proto-industriali di Legnano nel senso moderno del termine furono due filature di cotone che vennero fondate nel 1821 dallo svizzero Carlo Martin e nel 1823 dai suoi compatrioti Enrico e Giovanni Schoc e Francesco Dapples nei pressi del mulino Cornaggia, che si trova poco più a valle del castello Visconteo di Legnano. La filatura fondata nel 1823 era denominata “Filatura di cotone a macchine idrauliche” e aveva impiegati sette lavoratori.

La fondazione di attività industriali da parte di cittadini svizzeri non fu casuale: tra il 1817 e il 1818 l’Impero austriaco, di cui Legnano faceva parte, mise dei dazi doganali molto elevati all’importazione di filati e di tessuti di cotone, e quindi alcuni imprenditori elvetici decisero di impiantare degli stabilimenti tessili proprio sui territori sotto il dominio austriaco.

Lo stemma del Regno Lombardo Veneto
Fonte Wikipedia: Regno Lombardo-Veneto

Su un documento del 1824 sono invece menzionati i primi venti commercianti e imprenditori attivi a Legnano: due mercanti generici, un commerciante tessile all’ingrosso, due venditori di tele, un commerciante di fieno, cinque conciatori di pelli, due filatori di seta, un commerciante di legna, un ferramenta, due commercianti di cotone, due pizzicagnoli e un commerciante di salsamenterie.

Queste prime attività preannunciarono di qualche anno la nascita del Cotonificio Cantoni, fondato a Legnano da Camillo Borgomanero nel 1828. Nel 1835 venne invece fondata, sempre dallo svizzero Carlo Martin, una tintoria specializzata in tessuti rossi: i prodottirealizzati in questa tintoria venivano venduti nel Regno Lombardo-Veneto, in Tirolo e in Germania e furono presentati, nel 1835, a un’esposizione a Vienna.

Cotonificio Cantonireparto tintoria

Altre attività protoindustriali legnanesi furono una filatura presente a Legnanello almeno fin dal 1834, anno in cui fu trasformata in tintoria. Questa azienda, che venne fondata da Giuseppe Turati, smerciava i propri prodotti alle tessiture di Busto Arsizio.

Altre protoindustrie legnanesi degne di nota furono due filature fondate da altrettanti imprenditori tedeschi. La prima, attiva dal 1845, venne fondata da Eraldo Krumm, mentre la seconda da Andrea Krumm nel 1838.

Tali primigenie attività imprenditoriali furono i prodromi nella nascita dell’industria. Legnano fu poi scelta come sede di stabilimenti tessili anche per la presenza di manodopera specializzata, ovvero di operai che avevano già esperienza in questo campo grazie alla già citata tradizione artigianale di manifattura domestica.

La creazione di attività protoindustriali a Legnano venne anche facilitata dall’espansione delle tessiture a Milano, che avvenne a partire dal 1840: da questa data le merci tessili iniziarono a percorrere le vie che mettevano in comunicazione il capoluogo meneghino con gli altri mercati, e la via di comunicazione rappresentata dalla strada del Sempione e dal fiume Olona, dove si trova Legnano, non fu un’eccezione. Ciò facilitò e velocizzò la nascita di industrie nella Valle Olona, Legnano compresa.

La crisi dell’agricoltura

Il processo di industrializzazione che portò alla graduale trasformazione dell’economia dell’Alto Milanese fu accelerato da due calamità naturali che misero in crisi l’agricoltura locale: la crittogamia, malattia che colpì la vite, e la nosematosi, epidemia che danneggiò i bozzoli dei bachi da seta. Per la prima infezione citata, comparsa tra il 1851 e il 1852, il risultato in Lombardia fu la rapida caduta della quantità di vino prodotta: gli ettolitri di vino prodotti passarono da 1.520.000 nel 1838 a 550.000 nel 1852.

Vite colpita da iodio

Il colpo definitivo alla produzione vinicola in alcune zone della regione venne da altre due malattie della vite che, tra il 1879 e il 1890, colpirono la pianta: la peronospora e la fillossera. A queste si aggiunse, sempre nel XIX secolo, l’oidio, che diede il colpo di grazia alla coltivazione vinicola dell’Alto Milanese. Un medico condotto di Gallarate nel XIX secolo, Ercole Ferrario, a tal proposito, dichiarò:

«[…] Prima della comparsa dell’oidio la coltivazione delle viti era estesa di molto, e se ne aveva un vino più che bastevole al consumo locale, il quale era poco colorito, ma gradevole e sano, e sarebbe riuscito anco migliore se nel confezionarlo vi si avessero usate maggiori cure. […]››

( Ercole Ferraio)

Ercole Ferrario testimoniò quindi il fatto che l’Alto Milanese non fosse una rinomata zona vinicola, fermo restando che ci fossero delle eccezioni. ln particolare, sulle zone dell’Alto Milanese e della Brianza, altra storica area dove la viticoltura venne abbandonata, e nelle loro zone limitrofe, l’agronomo asburgico Ludwig Mìtterpacher. in un suo trattato di agri-coltura del 1794, dichiarò:

«[…] I vini fra noi più squisiti per rapporto alla collina sono quelli di Lesa di Belgirate, di Montrebbio, di Montevecchia e di San Colombano e per rapporto alla pianura quelli di Groppello, di Bernate, di Burago, di Magenta, di Tradate, di Desio, d’Ossona,, Dairago, di Casale, di Marcallo […] di Villa Cortese e di Busto Garolfo»

Etichetta risalente all’inizio del Novecento del vino dei colli di Sant’Erasmo

In seguito a queste epidemie, le coltivazioni vinicole nell’Altomilanese scomparvero definitivamente e i contadini concentrarono i propri sforzi nella produzione di cereali e nell’allevamento di bachi da seta. Prima della scomparsa della vite a Legnano era celebre il vino dei Colli di Sant’Erasmo (o “Ronchi di Sant’Erasmo”), che si produceva nell’omonimo rione; gli ultimi campi dei Colli di Sant’Erasmo coltivati a vite furono eliminati nel 1987 per consentire la costruzione, tra via Colli di Sant’Erasmo, via Canazza e via Trivulzio, di un parcheggio a servizio dell’ospedale civico. Nel XIX secolo la produzione di vino era così elevata, che i contadini legnanesi esportavano la loro bevanda per 300 brente all’anno.

Esemplare di gelso bianco (Morus alba)

Oltre alla classica coltivazione dei cereali, l’altra attività agricola molto comune a Legnano era, come già accennato, la coltivazione dei gelsi, che erano alla base della produzione della seta. Questa attività coniugava l’agricoltura in senso stretto (la coltivazione delle piante di gelso), l’allevamento (la custodia e la crescita dei bachi) e la manifattura (la realizzazione della  seta grazie alla dipanatura dei bozzoli): questa integrazione fra tre settori differenti dell’economia fu storicamente importante per l’economia della Legnano dell’epoca. Fin dai tempi più antichi questa integrazione fra più attività per la produzione della seta aveva portato benefici, anche economici, non solo agli agricoltori legnanesi, ma a una parte consistente dei contadini della Pianura Padana.

Fonte immagine: Ricerca Google

In particolare la coltivazione dei gelsi era perlopiù concentrata lungo le rogge, i fossi e nei cortili. Le piante che venivano collocate ai margini dei campi coltivati a cereali toglievano solo in parte luce e nutrimento alle altre coltivazioni e quindi depauperavano limitatamente le altre produzioni agricole. A tal proposito Ercole Ferrario scrisse:

«[…] coi miseri gelsi dei campi fanno un singolare contrasto quelli, che veggonsi nei cortili delle abitazioni dei contadini, i quali vi prosperano a meraviglia. di notevole differenza è chiara la cagione. Ne’ cortili i gelsi stendono liberamente le loro radici in cerca delle sostanze nutritizie, che non devono dividere con altri  vegetali, e delle quali quel terreno abbonda massime pe’ mucchi di letame, che vi si adunano, e le spingono  fino alle fondamenta delle case, ove trovano copia di calce. Queste radici poi non vengono giammai tagliate, né altrimenti maltrattate, perché i cortili non si coltivano, né mai v’entra l’aratro o la vanga. […]››

Bozzoli di baco da seta 
fonte: Google

Se per la coltivazione delle piante di gelso c’era una lieve incompatibilità con l’agricoltura basata sui cereali, per le successive operazioni la combinazione non aveva controindicazioni: l’allevamento dei bachi e la dipanatura dei bozzoli erano praticate nelle abitazioni dei contadini in modo indipendente e in un periodo dell’anno favorevole, ovvero quando il lavoro nei campi era, per motivi stagionali, ridotto al minimo. La convenienza era proprio questa: la produzione della seta forniva guadagni aggiuntivi in un periodo che era, da un punto di vista strettamente agricolo, improduttivo.

Poco dopo la diffusione della malattia della vite comparve un’infezione del baco da seta, la nosematosi, morbo chiamato anche pebrina: questa pandemia non arrestò definitivamente la produzione del baco da seta, visto che venne importato dall’Estremo Oriente un baco resistente alla malattia. Il problema fu poi risolto nel giro di trent’anni: la malattia comparve negli anni cinquanta del XIX secolo, e già tre decenni dopo la produzione di seta, nell’Alto Milanese, tornò a crescere con un discreto tenore.

Bachi colpiti dalla pebrina
fonte: Pebrina o atrofia parassitaria – Tutto in 1

Oltre a questo problema, nella seconda parte del XIX secolo, l’Europa fu investita da una crisi agricola che coinvolse le coltivazioni a cereali: ciò era dovuto alla diffusione, sui mercati, di granaglie americane a prezzi competitivi. Infatti, vaste zone del Middle West statunitense erano state destinate alle coltivazioni, mentre grazie all’avanzamento tecnologico avvenne un deciso calo dei costi di trasporto via mare dalle Americhe. L’effetto fu una profonda crisi che colpì le coltivazioni di cereali in Europa; questa congiuntura toccò il suo apice negli anni ottanta del XIX secolo e caratterizzò l’agricoltura del Vecchio Continente fino all’inizio del XX secolo.

Tale avvenimento diede un’ulteriore spinta verso l’industrializzazione dell’Alto Milanese, dato che mise in crisi anche il comparto più importante dell’agricoltura della zona dopo la scomparsa dei vigneti e la crisi dell’allevamento dei bachi: la coltivazione dei cereali. Questa crisi agricola è testimoniata da diversi documenti conservati presso l’archivio comunale di Legnano. Uno di essi riporta che:

«[…] Data la siccità tutti i contadini ebbero uno scarsissimo ed insufficiente raccolto di granoturco che è quasi l’unica lor risorsa, talchè i più fortunati si calcola che possono avere vitto per circa tre mesi. […]» 

(Comunicazione del 1880 del sindaco di Legnano alla Sottoprefettura)

Questo stralcio di documento fa parte di una comunicazione effettuata nel 1880 dal sindaco di Legnano, che era indirizzata alla sottoprefettura Degli stessi anni è un’altra missiva del sindaco di Legnano, che rispose al primo cittadino di Nerviano, il quale aveva proposto la realizzazione di una linea tranviaria lungo corso Sempione. Tale lettera testimonia la diffusa presenza, a Legnano, di industrie:

«[…] [Sono favorevole alla realizzazione di una linea tramviaria lungo corso Sempione] poiché la natura di questo borgo è eminentemente industriale e commerciale. […]» 

(Lettera del sindaco di Legnano al primo cittadino di Nerviano)

Venti anni prima, il 20 dicembre 1860 fu inaugurata la stazione ferroviaria di Legnano, che era a servizio della linea Milano-Sesto Calende, da poco costruita e all’epoca ancora a binario unico. La linea ferroviaria fu raddoppiata nell’anno 1900. La convenzione per la sua costruzione venne firmata, tra il governo austriaco e una società ferroviaria privata di proprietà di Rothschild, nel 1857.

La stazione ferroviaria di Legnano nei primi anni del XX secolo

Probabilmente Legnano, ripetutamente ha chiesto di avere una stazione vicino al borgo. Il 5 aprile 1860, l’ingegnere di divisione Mantegazza, per la linea Rho – Gallarate, della Società strade ferrate Lombardo-Venete-Costruzione scrive all’onorevole sindaco del comune di Legnano, che per ordine ministeriale la stazione di Legnano deve essere il più possibilmente avvicinata al paese e quindi cessa ogni qualsiasi trattativa con la giunta municipale, restando cosi  favorevolmente evasa l’istanza a tal uopo presentata…

Diligenze a cavalli a Legnano nel XIX secolo
“caval e birocc” 

Il tratto Milano-Rho venne inaugurato il 18 ottobre 1858, la ferrovia Rho-Gallarate (quello che interessa Legnano) il 20 dicembre 1860 mentre il tracciato Gallarate-Sesto Calende il 24 luglio 1865: in questo modo Legnano venne connessa con gli altri centri industriali dell’Alto Milanese (Busto Arsizio e Gallarate) e con il Lago Maggiore, da cui si può agevolmente raggiungere la Svizzera. A Rho era poi presente l’interscambio con la ferrovia Torino-Milano, e quindi Legnano era anche collegata con queste due metropoli della Pianura Padana.

La stazione di Legnano1° metà del XX secolo 

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