ROMOLO VIGNATI – Franco Tosi

Riportiamo la bella  lettera del signor Remo Vignati di Busto Garolfo.

Ci parla del padre Romolo, operaio alla Franco Tosi, del suo lavoro, dei sacrifici, dei disagi delle piccole, grandi difficoltà  che incontrava.

Ci introduce nella vita di un operaio della grande azienda Franco Tosi, a cavallo della II guerra mondiale: il cottimo,  il “grigioverde” al “circulin”, la pedalata in bicicletta  con la “shigera”, la neve o la poggia per arrivare alla Tosi, il libretto dal salumaio e dal droghiere, dove si segnava la spesa, la “schisceta”, lo spaccio di via XXIX maggio, la mutua interna, la possibilità di assunzione per i figli dei pensionandi, i pericoli corsi durante la guerra…

Un mondo lontano, ma ha fatto grande Legnano

“Mio padre Romolo nasce nei casermone (così era chiamato a quel tempo) del rione Cartabia di Canegrate nel 1908.
Terminata la quarta elementare comincia a lavorare in un calzaturificio di Parabiago come apprendista ciabattino; il suo viaggio si svolge a piedi, andata e ritorno, estate od inverno non fa differenza. Ai piedi i classici zoccoloni dell’epoca.
A 18 anni viene chiamato alle armi e svolge ii servizio militare nel Reggimento di Artiglieri a cavallo Voloire di sede a Pinerolo (CN). Grazie ed al suo lavoro di ciabattino viene assegnato al reparto selleria e finimenti. Partecipando comunque all’addestramento ed alle esercitazioni. specifiche del Reggimento.
Tomato dal servizio militare non trova più lavoro nei calzaturifici di Parabiagoe gli viene consigliato di fare domanda all’AIfa Romeo di Milano. Viene chiamato ed assegnato al  reparto montaggio, fa i classici 7 giorni di prova (non retribuiti), superandoli ma non viene assunto in quanto non in possesso della tessera del Partito Fascista.
Grazie ad una cugina che lavora all’ufficio paghe della Franco Tosi ed al marito di questa, che lavora sempre alia Franco Tosi come collaudatore dei motori per sommergibili, riesce a fare e superare i 7 giorni di prova e quindi viene assunto.
Siamo nel 1928 e da quel giorno lavora sui trapani verticali utilizzati per le diverse parti dei macchinari prodotti dalla Franco Tosi, A quell’epoca chi entrava nella Franco Tosi e dimostrava voglia e capacità lavorativa, aveva la certezza di un posto di lavoro permanente. Nei 1936 si sposa.
Durante il periodo bellico della II guerra mondiale, entra come volontario nel gruppo aziendale dei pompieri ii cui compito principale é quello di intervenire a domare eventuali incendi provocati dai bombardamenti degli Alleati. Mi ha raccontato che due volte l’intervento é stato volutamente ritardato creando quindi danni a materiale bellico già pronto per la spedizione e per questo sono arrivati i Tedeschi minacciando ritorsioni e deportazioni nei confronti dei pompieri che erano di turno (fra cui mio padre) ma per fortuna un dirigente e intervenuto facendo presente al comandante tedesco che il ritardo era stato causato dal malfunzionamento della motopompa.
I miei ricordi iniziano agli inizi degli anni ’50 (sono del 1946). Abitavamo a Buto Garolfo (dove tutt’ora vivo) e mio padre si recava ai lavoro in bicicletta (solo negli ultimi due anni dalla bicicletta é passato al motorino, l’Aquilotto della Bianchi, comprato di terza mano). L’orario di lavoro era dalle 8 alle 12 e dalle 13 alle 18, ma molto spesso gli veniva chiesto di iniziare alle 7 e di lavorare anche di sabato mattina; questo succedeva quando c’era molte commesse da completare in tempi brevi.
Estate o inverno, caldo o freddo, mio padre inforcava la bicicletta ed alle 7 partiva per Legnano. D’inverno indossava il tabarro, partiva un poco prima e faceva sosta al Circulin (Circolo San Giuseppe) di Busto Garolfo per un “grigioverde” (grappa e menta), “carburante” necessario per affrontare un viaggio quasi sempre con la nebbia (“scighera”) e spesso con la neve.
Lavorava a cottimo; gli veniva assegnato un certo numero di pezzi da forare da completare entro un tempo preassegnato e se terminava prima ed i pezzi superavano il controllo (il termine ”controllo di qualità” non  esisteva ancora) otteneva una piccola aggiunta alla paga mensile. Esistevano delle figure importanti in ogni reparto: il caporeparto (responsabile della gestione dei lavori specifici di tale reparto, del collegamento con l’ufficio tecnico, della gestione del personale di reparto), il “marcatempo” (colui che timbrava il cartellino all’inizio e del termine della lavorazione di uno specifico lotto e che quindi determinava il quid dei cottimo), il controllo (la persona addetta al controllo che il pezzo finito di una specifica lavorazione corrispondesse ai disegno tecnico). Mio padre mi diceva che talvolta dovevano chiamare in reparto il disegnatore dell’ufficio tecnico perché il disegno era di difficile interpretazione oppure c’erano delle quote fra di loro in contraddizione).
Mio padre ha avuto come compagni di lavoro Tony Barlocco, la Mabilia dei Legnanesi, che aveva fatto per un certo periodo ii “marcatempo”, e Felice Musazzi, la Teresa dei Legnanesi, che lavorava in ufficio o (ma non ricordo bene quale).
Ricordo che mi parlava di “palette” che forava in continuazione e che talvolta lo facevano rimanere a lavorare anche due o tre ore dopo l’orario in quanto in fase di montaggio delle stesse erano emersi problemi di centratura e quindi gli veniva chiesto di rimanere per poter apportare ai fori le necessarie modifiche (quando ho iniziato gli studi di perito ho capito che le famose “palette” erano quelle delle turbine prodotte dalla Franco Tosi e che avrei poi trovate in giro per il mondo quando ho iniziato a lavorare).
La paga (stipendio) veniva pagata in tre volte al mese: al 19 e al 29 un acconto, al 9 del mese successivo il saldo, ed in base a questo mio padre e mia madre pianificavano il pagamento al prestinaio ed al salumiere (si segnava sul libretto e si saldava al 10) ed anche le altre spese.
Chi lavorava alla Franco Tosi aveva dei vantaggi supplementari: la mensa interna (mio padre però preferiva portarsi la “schisceta” da casa e quindi una volta alla settimana portava a casa scatolette di carne, sardine, tonno che sostituivano l’equivalente del pasto giornaliero in mensa); lo spaccio aziendale situato in via XXIX Maggie dove poter acquistare beni alimentari ed altro a prezzi calmierati; la mutua interna che aiutava a coprire spese dentistiche e cure termali: colonie estive per i figli dei dipendenti; pensione supplementare al raggiungimento dell’età pensionabile e relativa cessazione del rapporto di lavoro con Franco Tosi (poche migliaia di Lire mensili ma che comunque erano un aiuto per il pensionato fino alla sua morte).
Inoltre, il dipendente prossimo alla pensione poteva chiedere l’assunzione di un proprio figlio.
Io mi sono diplomato Perito Capotecnico Elettricista nel 1965 presso l’lTlS Bernocchi nel 1965 e mio padre aveva già 35 anni di contribuzione e poteva chiedere la pensione di anzianità allora in vigore e quindi aveva fatto richiesta di assunzione per me. Avevo fatto un colloquio con il capo del personale di quel tempo, Rag. Leonardi, che mi aveva spiegato quale sarebbe stato il mio lavoro all’interno della Franco Tosi, ovvero manutenzione elettrica di macchinari ed impianti elettrici all’interno della fabbrica. Qualche mese dopo fui convocato, su segnalazione dell’lTlS Bernocchi, dalla General Electric che mi offrìi un lavoro più confacente con al mio diploma ovvero lavoro di cantiere per realizzazioni di centrali elettriche ed impianti industriali e quindi optai per quest’ultima.
Mio padre andò in pensione a settembre 1968. Il Primo Maggie del 1969 ricevette, al Teatro Galleria, la spilla in oro data a tutti i dipendenti della Franco Tosi con 30 anni di servizio, presente e passato.
La cerimonia fu completata da un pranzo conviviale, presenti diverse autorità, presso i locali della mensa aziendale Tosi di via Cairoli.
Mio padre mori esattamente 28 anni, oggi.[luglio 2024. Nota di MW] Il Gruppo Pensionati Franco Tosi si premurò di fare affiggere i manifesti funerari ed una delegazione partecipò ai funerali con la bandiera del Gruppo.
Mia madre ricevette un piccolo contributo per le spese funerarie.
Testimonianza del sig. Remo Vignati su suo padre Romolo

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